Magnitudo
Devi accettare i cookie di youtube per vedere questo contenuto.
Per favore abilitali oppure gestisci le tue preferenze“Quando nel 1755 il terremoto distrusse Lisbona, la cultura europea dovette misurarsi con una serie di evidenze che ne sconvolsero gli orientamenti. Non era più vero che l’uomo vivesse nel migliore dei mondi possibili, un mondo cifrato nell’onnipotenza divina che ne riscattava comunque gli orrori: la ragione gettava la spugna e l’unica forma di ottimismo sopravvissuta a quella drammatica esperienza fu quella della determinazione a farcela nonostante tutto.
Anche le forme apparentemente più reattive della vita immediata sconvolta dal sisma, oggi, si comprendono solo nella prospettiva di un accordo imprescindibile tra la volontà che agisce nonostante tutto e l’intelligenza che ne vaglia i movimenti. Se i testimoni concordano nel ricavare dal terremoto la sensazione che «la scossa non finisse mai», bisognerà innanzitutto stabilire che nei rapporti consueti tra volontà, intelligenza e percezione, l’emergenza produce una nuova esperienza del tempo, alterando il presupposto stesso dell’immediatezza”. (Pierpaolo Ascari).
Nel tentativo di comprendere quali fossero le implicazioni e i significati di questa nuova esperienza ci siamo rivolti a diversi esperti che studiano da anni gli effetti del trauma sugli individui colpiti. È testimonianza comune che, monitorate le funzionalità cerebrali per mezzo della risonanza magnetica funzionale (fMRI), i sopravvissuti ad un evento così traumatico mostrino, già 25 giorni dopo l’evento, un’iperattività a livello del sistema limbico e della corteccia pre-frontale e un’attenuata connettività funzionale nelle aree limbiche frontali e nelle regioni striatali, notoriamente coinvolte nel processamento delle emozioni. Il fatto che la percezione temporale al momento del sisma venga distorta si rivela essere una risorsa, un’astuzia dell’organismo, che intensifica la percezione del passaggio da un istante a quello successivo e rallenta il processo, aumentandone la durata e dilatando il tempo che si ha a disposizione per prendere una decisione che potrebbe rivelarsi vitale. Qualcosa di analogo accade ai super sani (sportivi che praticano sport estremi, ad esempio i piloti di Moto GP), che in un tempo brevissimo devono prendere decisioni repentine e metterle immediatamente in atto, grazie all’azione di quella che nei nostri termini si potrebbe definire una volontà che determina intelligentemente le condizioni nelle quali opera un’intelligenza critica e decisiva.
Siamo partiti di qui per raccontare l’evento terremoto: c’è un prima, un durante, un dopo. Ben distinti, ma allo stesso tempo legati dal filo invisibile, ma rumoroso, della scossa.
Il rumore è infatti un altro elemento ricorrente nei racconti delle persone che hanno vissuto il terremoto: un boato, un’esplosione che si lascia alle spalle il buio e la polvere.
Un silenzio interrotto prima dai crolli, dalle urla, dai richiami. E poi dalle ruspe e dai camion che spostano le macerie.
E infine dalle gru e dai cantieri per la ricostruzione. Un silenzio forte, quello del centro Italia, anche prima del terremoto: paesi di seconde case, poco abitati, sospesi in un tempo che sembrava impossibile da scalfire.
Invece i segni si vedono tutti: sugli edifici, sulla natura, sulle vie di comunicazione, sulla psiche e sulle condizioni fisiche di chi il sisma lo ha vissuto. E il tempo del dopo? Un terremoto riavvicina le persone ad un ritmo più naturale: destruttura tutta una serie di elementi sociali e comunitari, riportando l’uomo a una dimensione quasi “primordiale”. È quell’intelligenza citata sopra da Ascari, che a livello quasi inconscio veglia e gestisce i movimenti. E crea una scansione del tempo nuovamente alterata. Per me è come se ci fosse un calendario nuovo nella mia vita, c’è un tempo prima e un tempo dopo. (Pietro, Piedilama frazione di Arquata del Tronto).
Gli autori: Roberto Rabitti e Daniele Ferrero